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Della non afflizione

Capitolo -XII- del Libro "Indolentia, del non affliggersi


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In questo capitolo potremmo capire perché ci affliggiamo.

L'autore JPEDR, spiega con chiarezza la sentenza "Tutto passa".

Con questa frase fatta carne e sangue probabilmente l'individuo che soffre, patisce il dolore e perciò se affligge, potrebbe cambiare scenario, persone con cui si relaziona, e soprattutto superare i limiti che si ha auto-infletto.

Vi lasciamo con il Capitolo.


CAPITOLO -XII-

Della non afflizione nel superamento dei limiti.

Di alcune malattie.


Allora perché ci affliggiamo, sè nel fondo della questione sappiamo che tutto il dolore passa e lascia libertà, lascia porte aperte per continuare ad investigare, nuovi mondi, nuovi sistemi, nuove forme di ragionare.

L'afflizione è un dolore egoico, invischiato nelle trame della vita egoica, che si annida dietro ogni circostanza della vita per nutrire un ego e la sua espressione conosciuta come peccato, che altrimenti perirebbe per inanizione.

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L'afflizione tende a produrre stati emozionali equivocati che sfociano nell'errore, nel difetto psicologico incrementando nella nostra vita i limiti, lasciandoci schiavi di noi stessi, fino al punto di perdere la mobilità dovuto ai ridotti spazi in cui ci muoviamo.

Dobbiamo essere universalisti, lasciare le bandiere, sentimenti di patriottismo, aree geografiche e costumi, per espanderci nel mondo come un abitante della Terra, e quindi dell'infinito al quale appartiene questo pianeta.

L'afflizione ci condanna a vivere nell'oscurità, soffrendo la malinconia, la nostalgia ed il risentimento che portano ad una vita amara ed afflitta.

Uscire da questi stati è necessario per poter sperimentare la libertà e la pace.

È relativamente facile uscirne, la prima cosa è conoscere questi limiti, per poi successivamente proporci la loro disfatta.

Ci sono tanti modi per ridurre la routine, che si presentano in forma quasi naturale: "Fare cose nuove" nel momento meno atteso della giornata.

Viaggiare, stabilire nuove relazioni umane con persone precedentemente sconosciute, riflettere sul significato della vita, rompere i legami con cose o persone tossiche, ecc.

Quando qualcuno deve viaggiare, molte volte sente un dolore particolare perché gli toccano le sue comodità, il suo "regno", le sue abitudini e consuetudini che sà bene che verranno alterati per i giorni che durerà il viaggio, questo dolore scompare dopo i successi ottenuti nel viaggio, perché abbiamo ampliato, allungato, conosciuto nuovi eventi, nuovi luoghi, nuove persone ed arricchito la nostra vita.

Non ci sono ragioni obiettive per affliggersi, sì ci sono milioni di ragioni dell'ego, soggettive per affliggersi ed entrare nei buchi neri del dolore egoico.

Quando conosci i tuoi limiti, sei in grado di abbatterli.

Ci sono dolori fisici che aiutano la psiche a organizzarsi, o riorganizzarsi, evitando stati di confusione.

Per esempio una semplice o complessa emorroide ci permette di riflettere sulla nudità dell'esistenza quando si vive in base alle arguzie nefaste dell'io dell'orgoglio, in particolare del suo derivato: la vanità.

Ogni dolore fisico prodotto da una malattia ci propone una scoperta dei comportamenti psicologici equivocati che abbiamo avuto, correggendo questo comportamento passerà il dolore.

Abbiamo sempre voluto avere dolori che siamo in grado di sopportare. Mai un dolore più grande.

È una riflessione che forse non ha una base, dovuto a che filosoficamente sappiamo che non possiamo avere un dolore più grande di quello che possiamo sopportare.

Quando si produce un malfunzionamento dell'organismo umano, ossia della macchina umana, viene un dolore mischiato con nostalgia di quando funzionava bene; ecco qui quel vecchio adagio che recita che "noi non ci rendiamo conto del benessere finché non lo perdiamo".

Come il pesce nell'acqua, finché non lo tirano fuori, non gli manca il suo ambiente. Come la malattia che fino a che non arriva, noi non ci rendiamo conto della salute. Come l'aria che respiriamo che non avvaloriamo il suo ruolo, perché non la vediamo e ci sembra "naturale".

Il dolore di questo tipo serve indiscutibilmente per avvalorare le cose semplici o importanti del vivere, per essere riconoscente al Creatore, per non dipendere da cose artificiali create per l’avidità umana che portano ad una vita superficiale e di laboratorio.

Un'unghia incarnita, una paronichia, un mal di pancia, un'indigestione, un raffreddore, un dolore muscolare, cose semplici come queste che ci permettono di sentire la necessità di cambiare, di riflettere, del perché? O perché no?

Il dolore fisico delle malattie "semplici", ha una frequenza, una durata e se vogliamo anche un'intensità. Sono parametri uguali a quelli che possiamo usare per misurare la coscienza e le sue manifestazioni. La frequenza dipende dal bravo studente della vita che siamo, la durata dalla necessità di imporre la riflessione e l'intensità dalla capacità di emancipazione che ha ogni essere umano.

Dolori c’è ne sono molti, dolori che insegnano c’è nè sono pochi.

Perché questo dipende dall'atteggiamento, dalla predisposizione dell'individuo di fronte alla circostanza dolorosa, in questo caso stiamo parlando di malattie leggere, "semplici", ovviamente passeggere.

Il momento cruciale della guarigione è fantastico, lì possiamo osservare quel grande passaggio dalla luce alle tenebre, e dalle tenebre alla luce, dalla salute alla malattia, e dalla malattia alla salute.

Questo passaggio di progressiva guarigione è meraviglioso, magico e ci riempie di ottimismo. Secondo come affrontiamo la situazione dolorosa, è come assorbiremo la conoscenza che è intrinseca nella situazione.

Molte volte si patiscono situazioni dolorose parlando fisicamente, come lo stiamo facendo in questo paragrafo, per poter aiutare il prossimo che si trova nella medesima situazione.

E se questo ragionamento lo estendiamo a tutte le cose della vita, vedremo che la nostra vita sperimentale ci serve per poter aiutare tutti i nostri simili, e nel caso di avere un corpo fisico è per poter condividere il viaggio infinito della vita attraverso l'universo, e aiutare con quello che già conosciamo coloro che ancora non conoscono quello che noi sappiamo.

Questo è il caso del dolore di una certa malattia.

Quando qualcosa già diventa comune, allora scompare, ossia scompare quando tutti gli esseri (in questo caso gli umani che vivono nel Pianeta Terra), apprendono la lezione. Allora questa lezione non ha ragione d’Essere, perché tutti lo sanno.

Lo stesso accade quando compaiono nuovi dolori fisici, o nuove malattie, queste vengono all'esistenza con il proposito di far conoscere i loro insegnamenti, forse questo può suonare un po’ tragico o assiomatico negativo, però se osserviamo l’avvenire dell'umanità, andremo a comprendere che le malattie appaiono e scompaiono, e nè arrivano di nuove, ritirandosi quelle vecchie che già sono state combattute.

Tutto questo è sorto per le "semplici" emorroidi,

che sono così grafiche, è così facile conoscere perché vengono, ma a volte è difficile da parte di colui che nè soffre rendersene conto.

Li viene l’aiuto.


 
 
 

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